Free Trade Zone: cosa sono e come funzionano

Una zona di libero scambio (Free Trade Zone – FTZ) è un’area geografica, generalmente situata attorno ad un porto, aeroporto internazionale o frontiera nazionale, in cui le merci possono essere importate, immagazzinate, fabbricate e/o nuovamente esportate in base a specifiche normative doganali generalmente non soggette a dazi.

Si tratta di una tipologia di area rientrante nelle cosiddette zone economiche speciali (Special Economic Zone – SEZ), cioè quelle aree geografiche in cui alle imprese e alle merci vengono applicate condizioni vantaggiose, come ad esempio: 

  • regime fiscale agevolato;
  • procedure amministrative semplificate;
  • possibilità di rimpatrio agevolato di investimenti e profitti;
  • dazi ridotti su importazioni o esenzione su tasse per esportazione;
  • canoni di concessione agevolati.

Le Free Trade Zones sono create per destare l’interesse dei Paesi esteri, attraendo il capitale straniero e rilanciando così gli investimenti.  Inoltre, trattandosi di zone geografiche circoscritte, le FTZ sono state a volte utilizzate come banco di prova per testare nuove politiche economiche prima che queste venissero introdotte a livello nazionale. 

In sostanza, per favorire la propria crescita e modernizzazione, un Paese crea delle condizioni vantaggiose per un investitore straniero affinché questo investa in quella specifica zona beneficiando di favori in termini fiscali, economici, finanziari e logistici. 

Le ultime news sulle free-trade zone nel mondo

Le principali notizie degli ultimi mesi sulle FTZ nel mondo arrivano dal sud-est asiatico e dall’Africa.

Attualmente esistono più di 4000 zone economiche speciali in Asia e più di 1000 sono nel blocco dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico).

A luglio 2022 il presidente indonesiano Joko Widodo e il presidente di Timor Est José Ramos-Horta hanno congiuntamente sollecitato l’istituzione di una zona economica transfrontaliera che favorisse la costruzione di un’economia ad alte prestazioni.

​​I report dell’Università di Zurigo, della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo e gli studi correlati della Banca Asiatica di Sviluppo hanno dimostrato che in Thailandia queste zone di sviluppo hanno aumentato la crescita del PIL del 5% all’anno. In Malesia, le circa 200 zone economiche rappresentano il 60,5% della produzione nazionale e si trovano all’interno di stati che contribuiscono per il 40,2% al PIL nazionale. In Cina, le zone economiche speciali vicino alla costa e vicino ai partner commerciali hanno contribuito a un aumento permanente del 12% dei livelli del PIL in più di 250 città tra il 1988 e il 2010 e si prevede che tale aumento raggiungerà il 20% a lungo termine.

Questo per evidenziare il ruolo importante (se non essenziale) che una zona transfrontaliera può assumere per lo sviluppo economico di uno Stato.

Entrata in funzione il 1° gennaio 2021, l’African Continental Free Trade Area (AfCFTA) è stata recentemente oggetto di attenzione in relazione alla grande potenzialità di sviluppo subordinta però allo sviluppo delle città. La loro configurazione attuale, a livello di infrastrutture e servizi, non è infatti idonea a sostenere e beneficiare di un’area di libero scambio: questo significa che saranno necessari copiosi investimenti nelle maggiori città africane.

D’altra parte, se attuata come previsto, l’area di libero scambio sbloccherà una crescita significativa per il continente africano. La Banca Mondiale ha stimato che entro il 2035 il commercio tra i paesi africani potrebbe espandersi dell’81%, aumentando la produzione di 450 miliardi di dollari, aumentando i salari del 10%, a vantaggio in particolare delle donne, e sollevando 30 milioni di persone dalla povertà estrema.

L’esempio di Gibuti sembrerebbe confermare queste stime: la zona di libero scambio internazionale, inaugurata nel 2018, ha attratto più di 21 Paesi, fornendo servizi e prodotti digitali competitivi. Il progetto – commissionato per $ 3.5B e costruito dalla Repubblica Popolare Cinese – una volta completato, prevede la copertura di un’area prossima ai 4.800 ettari su cui si andranno a sviluppare industrie come la logistica, la marina, l’edilizia, l’automotive e l’elettrico domestico. 

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